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Buone idee che non ce la fanno: Bruce Wayne, la serie

Buone idee che non ce la fanno: Bruce Wayne, la serie

Sebastian Magnani - Daily Batman

L’angolo male illuminato di una caverna. Decine di scatole piene di oggetti strani ricoprono il pavimento, le pareti sono tappezzata da teche vuote. Un uomo in livrea da maggiordomo fruga tra le scatole, ha un taccuino e una penna. “Ora che sono in pensione”, scrive sul taccuino, “inizio questo racconto, il mio tentativo di spiegare e comprendere la serie di eventi che hanno condotto me e il mio datore di lavoro, due uomini apparentemente intelligenti e razionali, all’attuale stato delle cose, una situazione eccezionale – alcuni direbbero preoccupante”. Il maggiordomo si chiama Alfred Pennyworth. Il suo datore di lavoro, invece, è Batman. E questo è l’incipit dell’episodio pilota di Bruce Wayne, uno di quei progetti televisivi che avrebbe potuto essere, ma non sono mai stati.

Siamo nell’estate del 1999. Tim McCanlies, ex-story artist Disney e sceneggiatore dell’acclamato Il gigante di ferro (appena uscito in sala) approfitta della notorietà della sua ultima opera per fissare un incontro con la Tollin/Robbins Productions. Ha un’idea per una serie tv. 

È la storia di un giovane costretto a crescere troppo in fretta, destinato a ereditare un impero economico che non è sicuro di meritare e costretto a guardarsi le spalle da chi gli vuole male. McCanlies descrive con precisione il suo tormentato protagonista, orfano di entrambi i genitori, il contesto di corruzione in cui si muove e gli altri personaggi principali: la figura paterna che lo sosterrà nel suo percorso, un caro amico che potrebbe però avere due facce, un poliziotto, l’unico onesto, l’unico di cui ci si può fidare. Solo alla fine del pitch, quando i suoi ascoltatori sono ormai catturati dall’intreccio, McCanlies rivela che il ragazzo di cui sta parlando è Bruce Wayne. La serie è venduta. 

Dopo la disastrosa risposta di pubblico e critica ai bat-capezzoli di George Clooney al Batman & Robin di Joel Schumacher, la Warner non sa ancora come rimettere in piedi il franchise dell’uomo pipistrello. La divisione televisiva della major, dunque, si getta a pesce sul progetto, al punto di assicurarne i diritti di trasmissione sulla sua rete, nonostante una manifestazione di interesse di HBO, lanciatissima nel panorama delle serie tv di qualità dopo il successo della prima stagione de I Soprano

Bruce Wayne viene così destinato a The WB Network, come perfetto coronamento di un palinsesto che ospita nello stesso periodo altre serie rivolte a un target giovanile, come Buffy, Angel e Dawson’s Creek

Nel novembre del 1999 la stesura definitiva del pilota è pronta. Le premesse sono semplici: il diciassettenne Bruce Wayne torna a Gotham City dopo anni di assenza per cedere le sue percentuali dell’azienda di famiglia, la WayneCorp, all’ombroso Charles Palantine. Ma il fondato sospetto che proprio la WayneCorp abbia un ruolo centrale nel declino etico ed economico di Gotham e un fallito tentativo di omicidio ai suoi danni lo convincono a rimanere in città e prendere il controllo dell’azienda per vederci chiaro e riabilitare il proprio nome. 

Tra i personaggi che fanno capolino nel pilota ci sono numerosi volti noti del mondo del Cavaliere Oscuro, come l’onesto detective James Gordon, con cui Bruce stringe da subito un’alleanza, e sua figlia, la piccola “aspirante detective” Barbara Gordon, ma anche Harvey Dent, migliore amico di Bruce e studente di legge, la reporter Vicky Vale, la festaiola quanto misteriosa Selina Kyle e Lucius Fox, qui ancora stagista alla WayneCorp. 

A loro si affiancano personaggi originali come il succitato Palantine e Susan Dent, sorella di Harvey, potenziale interesse amoroso del protagonista in una sorta di quadrangolo che sin dalla prima puntata coinvolge anche Selina e Vicky. 

Il risultato è un pilot che, pur non andando troppo per il sottile e non mancando di difetti, riesce a bilanciare l’aspetto investigativo e action delle vicende con quello romantico e sentimentale, cercando di avere sempre un occhio di riguardo per il pubblico giovane e non facendosi mancare numerose strizzatine d’occhio ai fan di Batman. 

E non c’è solo il pilot: McCanlies ha già immaginato uno sviluppo strutturato su ben sei stagioni e insieme alla sceneggiatura del pilota presenta una bibbia della serie, dove delinea l’evoluzione del suo protagonista e anticipa la comparsa di altri importanti personaggi dell’universo DC, tra cui un aspirante comico di nome Jack Napier e un certo ragazzino del Kansas, tale Clark Kent, interessato al giornalismo e dotato di capacità decisamente… fuori dal comune.

A dicembre si diffonde la voce che è in sviluppo una serie TV dedicata al giovane Bruce Wayne, i fan impazziscono. Siamo ancora lontani dalla fase di casting ufficiale, ma iniziano a girare i nomi di alcuni attori. Per Bruce Wayne, si parla di Trevor Fehrman (Now You Know, Clerks 2) e di Shawn Ashmore (che di lì a poco interpreterà l’uomo ghiaccio nei film degli X-Men). Per Harvey Dent salta fuori il nome di Michael Rosenbaum, che qualche anno dopo sarà invece Lex Luthor in Smallville, e David Krumholtz (Numb3rs) è preso in considerazione per il ruolo di Jim Gordon. 

Ma a un casting vero e proprio non si arriverà mai, perché qualcosa va storto

Il progetto ha un nemico importante, ed è un nemico cresciuto in casa propria: il settore theatrical di Warner Bros fa muro. Il suo dirigente, Lorenzo di Bonaventura, sin da subito si mostra dubbioso, temendo che una serie tv sul giovane Bruce Wayne possa rendere difficoltoso lo sfruttamento cinematografico del personaggio, su cui si sta valutando di produrre un reboot.

Dopo un periodo di tira e molla tra divisione televisiva e divisione theatrical, arriviamo al luglio del 2000. Nei cinema esce X-Men di Bryan Singer. 54 milioni di dollari nel week-end di apertura. È un successo strepitoso, la rinascita dei supereroi al cinema. Ed è la spinta che serve a di Bonaventura per mettere in cantiere il suo progetto cinematografico sul Cavaliere Oscuro, un reboot ispirato a Batman: Anno Uno di Frank Miller diretto da Darren Aronofsky. E per affossare definitivamente la serie tv Bruce Wayne.

Ma c’è anche un secondo elemento che potrebbe aver influito sulla cancellazione dello show, e ne abbiamo parlato poco sopra. È quel ragazzo del Kansas, quel giovane Clark Kent. Appare solo in una doppia puntata, ma nelle intenzioni di McCanlies quella comparsata, in caso di interesse da parte del pubblico, avrebbe potuto dare il là a una serie spin-off a lui dedicata. Sembra però che sia la Tollin/Robbins che la Warner siano colpite dall’idea di esplorare la giovinezza di Superman, ancora più che dall’idea di esplorare quella di Batman.

Come poi si siano svolti di preciso i successivi passaggi e le trattative rimane materia di dietrologie, fatto sta che l’anno dopo, nel 2001, The WB programma la prima stagione di Smallville, creata da Alfred Gough e Miles Millar per, ça va sans dire, Tollin/Robbins Productions. Nessuna menzione a McCanlies, che pare si sia allontanato dal progetto in seguito a divergenze creative. 

Smallville proseguirà poi per ben 10 stagioni con un impressionante successo di pubblico, ridefinendo il concetto stesso di serie tv supereroistica, con effetti che si possono vedere tuttora nell’ambizioso e riuscito (almeno dal punto di vista produttivo) Arrowverse. All’universo di Batman, invece, la Tollin/Robbins Productions e la divisione televisiva di Warner torneranno nel 2002 con la dimenticabilissima Birds of Prey.Bruce Wayne, però, per fortuna non è perso del tutto. Per chi mastica l’inglese, è abbastanza semplice reperire online la sceneggiatura originale del pilota. E rendersi conto che alcuni elementi della serie sono poi confluiti in opere successive del franchise del pipistrello, tra cui la trilogia cinematografica di Cristopher Nolan e soprattutto la serie tv Gotham, che pur focalizzandosi sul personaggio di James Gordon mette in scena la sua versione di un giovane Bruce Wayne evidentemente debitrice delle idee di Tim McCanlies. Anche qui, non accreditato.

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